“Siamo una squadra,
se uno di noi manca o non lavora bene, tutti ne risentono”.
Questo ripete il coordinatore del gruppo mentre attenti e impeccabili
presenziamo alla riunione di rito a fine giornata. Il lavoro che
portiamo avanti è della massima responsabilità e dalle nostre
azioni dipende non solo il risultato, ma anche il destino dei nostri
stessi compagni. Fianco a fianco ci passiamo forza, ci proteggiamo e
veniamo protetti. Non possiamo permetterci di essere disattenti o
imprecisi, su questo il coordinatore è stato chiaro: le nostre
qualità sono al servizio della collettività e una nostra mancanza,
oltre ad essere un atto vigliacco verso i nostri fratelli, è
deleterio per la causa. La nostra etica del lavoro è la principale
forza: mai abbassare la guardia, mai bighellonare. Un’intera
nazione ci ascolta e conta sulle nostre capacità. Ogni mattina la
puntualità serve a sottolineare la propria superiorità morale: come
può un grande uomo soltanto pensare di non farsi trovare pronto? Ed
è giusto che la macchina delle impronte al servizio della causa,
qualora ci si presenti in ritardo di cinque minuti, segnali che si
inizia a lavorare con mezz’ora di ritardo: la responsabilità va
allenata giorno dopo giorno e data l’importanza del compito è
altresì giusto che se si lavora invece cinque minuti di più, non si
venga premiati con la stessa mezz’ora; ci è richiesta puntualità
e perizia, la pedagogia che ci viene imposta è una giusta regola per
lo spirito. Quando siamo al nostro posto di lavoro, siamo circondati
dai colleghi. Ognuno di noi è unito agli altri da alte barriere che
dal tavolo arrivano fino al soffitto; il lavoro collettivo è
semplicemente aumentato dalle divisioni inserite fra di noi, se
ognuno ha lo stesso spazio, tutti hanno lo stesso spazio, tutti sono
uno. Purtroppo però non tutti hanno nel tempo avuto la stessa nostra
fortuna: quanti fratelli sono passati e caduti al nostro fianco. Le
postazioni una volta piene di azione, sono spesso vuote e ricordano a
stento i nomi e gli eroi che un tempo le hanno occupate. Ma la lotta
non è per tutti, sebbene anche un giorno potrei cadere, sono
orgoglioso di continuare la battaglia giorno dopo giorno, anzi ora
dopo ora, visto che il compenso è legato indissolubilmente alle ore,
ai minuti, ai secondi. I numeri sono le basi del nostro tempo ed è
per questo che bisogna garantirne una determinata quantità: mai
andare sotto quanto elaborato, puntare all’incremento e quando si è
raggiunto, divieto assoluto di tornare a diminuire. Non essere
allontanati dal proprio posto è la massima aspirazione di ogni
operatore: vergogna e dannazione eterna per chi, facendosi trovare
impreparato e improduttivo, non ha servito a dovere la causa. I
coordinatori, elaborando i dati, conoscono nel minimo dettaglio il
nostro lavoro e sono giudici senza discrezione, senza volontà:
anch’essi sottoposti all’insindacabilità dei dati, anch’essi
inermi dinanzi alle analisi dei loro superiori. Tutto ciò garantisce
un’equità senza pari fra i diversi gradi dell’organizzazione:
dal più anonimo operatore fino al vertice (da noi sconosciuto e
ignorato) è l’efficienza che governa le nostre vite, madre non
affettuosa ma giusta. Spero che queste brevi ed estemporanee
riflessioni dell’operatore 451, raccolte in una domenica di riposo
dall’onesto e quotidiano lavoro, possano raggiungere chi non
conosce o giudica preventivamente l’arduo ed importante compito di
tutti gli operatori del mondo. Call center di tutti i paesi, unitevi.
martedì 22 gennaio 2013
venerdì 11 gennaio 2013
SVEGLIA !!!
"Operatore 451 sveglia" "Così non va bene ragazzi",
" Dai dai.. Fateme rientrà quarcosa", "Regà, dovete
guadagnavve er posto ogni santo giorno o ce ne annamo tutti a casa!"
Queste sono solo alcune delle formule
ricorrenti che quotidianamente Operatore 451, Flaviona, Franca,
Marzia, Bibo, Gaetano, Angun e tanti altri sono costretti ad
ascoltare. Parole che, pur discorsive e prosaiche, vengono ad
assumere un carattere cifrato e categorizzato che, come direbbe
Platone nella Metafisica, esplicano un "idea" che suona
come : sei licenziato se non convinci la suora a smonacare il prete e
a sposarlo l'indomani con rito buddista. Operatore 451 nella vita ha sempre
puntato in alto. Ha studiato, si è laureato in tempo e con una buona
votazione. Ha fatto un master di un anno e ha pure pensato di
prendere una specializzazione per approfondire il suo know how e per
accrescere le sue competenze. Del resto Operatore 451 ha creduto e
crede che le esperienze siano fondamentali. La sapienza è figlia dell'esperienza
no? Benissimo, e allora è d'uopo farsela, diversamente nemmeno ti
prendono in considerazione.
Tuttavia nonostante il vettore
motivazionale e la voglia di lavorare nel proprio ambito, Operatore
451 è costretto a reinventarsi. Perché lo fa? Perché diversamente
sarebbe choosy, perché se non facesse così sarebbe costretto a
vivere ancora in casa con i suoi genitori e a pesare sulle loro
spalle, perché dovrebbe rinunciare al bisogno comune di indipendenza
e di libertà che sono condizione necessaria e irrinunciabile.
A questo punto occorre fare un passo
indietro. Si perché è proprio qui che Operatore 451 nasce e prende
forma. Nietzsche diceva che dalle ceneri del
vecchio uomo nasce un uomo nuovo, un ubermensch che mette in
discussione i valori del soprannaturale e basa tutto sulla sua
volontà, la volontà di potenza appunto. In questo caso la
resurrezione è da intendersi al contrario. L'unica analogia
rintracciabile infatti sta con la distruzione dell'uomo che brucia il
suo io e getta alle ortiche la sua volontà di potenza, facendo
nascere, dalle sue ceneri appunto, un homo novus che non è uber ma è
semplicemente mensch... Che amarezza!
Un flashback raccontato che permette ad
Operatore 451 e ai suoi colleghi di essere com'era prima di
bruciare...ricordi e frammenti di memoria... per poi tornare ad
indossare dopo la resurrezione, la maschera, ovvero le cuffie, longa
manus della sua arte e del suo mestiere.
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