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lunedì 27 ottobre 2014

Albania, la migrazione dei call center

Un lavoro che in Italia è stato a lungo visto come l’ultima frontiera del precariato, a sessanta chilometri di mare è percepito positivamente da migliaia di giovani albanesi. L'Albania e i call center, tra opportunità e contraddizioni
In Italia la diffusione dei call center risale agli anni 2000, ma è solamente nel 2008, grazie a un riuscitissimo film di Paolo Virzì, che questa realtà lavorativa entra nel nostro immaginario collettivo. "Tutta la vita davanti", amara e grottesca commedia tratta dal libro "Il mondo deve sapere" di Michela Murgia, racconta la storia di Marta, ventiquattrenne d'animo buono laureata cum laude in filosofia: una delle tante voci senza volto cui tutti abbiamo chiuso il telefono in faccia, almeno una volta. Quello che il film non racconta, è che Marta, molto spesso, è albanese.


I call center, un business contemporaneo

I call center si dividono in due macrogruppi: i centri inbound ricevono le telefonate, fornendo il più delle volte un servizio di assistenza clienti; i centri outbound invece le effettuano, attuando campagne pubblicitarie o promozionali (è il cosiddetto telemarketing). Per aprire un call center non è necessario un grande investimento iniziale: basta un locale dotato di computer (magari di seconda mano) e allacciamento internet.

domenica 19 ottobre 2014

Sono tornato...in linea dall'inferno!

L'Operatore 451 è tornato, anzi non è mai andato via. Vi ha forse smesso di squillare il telefono? Non vi sono forse arrivate chiamate per proporvi acquisti, per sottoporvi sondaggi, per informarvi di appuntamenti? Oppure non avete voi chiamato per comprare, prenotare, sapere.... bene, l'Operatore 451 instancabile lavoratore era al proprio posto.

Nel frattempo potrebbe aver provato a cambiare lavoro, potrebbe anche esserci riuscito, un altro invece causa gioiosa flessibilità potrebbe essere tornato a calzare le sacre cuffie. Ma comunque lo spirito granitico dell'Operatore non si è piegato.

Mentre ricomincia ad avviare il programma che conterà la sua permanenza sul posto di lavoro (un quarto di ora di pausa pagata ogni due ore di lavoro compiuto, se poi ti scappa di pisciare cazzi tuoi) pensa che effettivamente quello che fa è un lavoro come un altro: stessi orari (se non di più), stesse dinamiche, stessa produttività. Però il lavoro che l'Operatore compie tutti i giorni è sminuito da tutti... perché?

La risposta è semplice, perché da un punto di vista contrattuale è meno garantito. Ed è questo il cortocircuito che ci si trova a vivere in questi magnifici tempi: la flessibilità (sempre e solo a senso unico) impera, ma i nostri valori culturali e sociali considerano accettabile la solidità (giustamente). Ed ecco che lavorare sotto padrone con un contratto è considerato adeguato, lavorare sotto padrone con un contratto flessibile è considerato fallimentare. E quanti fallimenti vede la nostra società, pensa l'Operatore mentre in silenzio controlla telefonate di suoi colleghi. Il primo passo è riflettere, capire. Per assurdo, pensa ancora l'Operatore, in questa società sofferente l'unico atto di pietà sono state le lacrime del boia Fornero, mentre annunciava ulteriore povertà.

Ma l'Operatore nella povertà ci sguazza ed è pronto a ricominciare, è pronto di nuovo a parlarvi... in linea dall'inferno!